Textual Archive
> introduzione
> forma
> sensazione
> percezione
> formazione mentale
> coscienza
> contemplare i cinque aggregati
I Cinque Aggregati - La coscienza
Mindfulness, Una guida pratica al risveglio
Joseph Goldstein
L'ultimo del cinque aggregati è la coscienza (viññana, in pali). È la funzione mentale del conoscere, ciò che semplicemente conosce.
La natura condizionata della coscienza
È utile esplorare la natura condizionata della coscienza nell'esperienza diretta, per liberarci anche dell'identificazione con l'attività del conoscere. Vediamo che la coscienza non è qualcosa di permanente, sempre presente, in attesa di conoscere un oggetto; piuttosto, è un processo che sorge e svanisce continuamente molte volte ogni istante. Abbiamo un'illusione di continuità perché il processo avviene molto rapidamente.
Una delle importanti implicazioni dell'impermanenza è che la coscienza come tutti gli altri aggregati, è insostanziale e vuota come un miraggio l'opera di un mago.
Qui la grande sfida è intendere la coscienza come una creazione magica e al tempo stesso vivere con saggezza e compassione impegnati nel mondo.
Investigare la coscienza
Per investigare la coscienza possiamo adottare diverse prospettive. Una si basa sul fatto che più siamo consapevoli dell'oggetto emergente, più sarà chiara la coscienza di esso.
Un altro approccio che ho trovato utile per prendere dimestichezza con il quinto aggregato è riformulare l'esperienza al passivo. Le parole che usiamo per descriverla (sia pure a noi stessi) condizionano il modo di viverla. Il linguaggio stesso che usiamo, espresso o non espresso, rinforza l'idea di un conoscitore, di un testimone, di un osservatore che sta dietro l'esperienza e la recepisce. Invece di annotare la nostra esperienza dal punto di vista dell'osservatore, potremmo passare dalla voce attiva a quella passiva: un suono viene conosciuto, un pensiero viene conosciuto, una sensazione viene conosciuta. Non occorre ripetere continuamente queste frasi, ma calarsi direttamente nell'esperienza di ciò che appare e viene conosciuto attimo per attimo. Riformulare in questo modo è bene perché lascia fuori l'io.
La purificazione del punto di vista
Sia che prestiamo attenzione attivamente a ogni oggetto dell'esperienza, indirizzando la mente all'oggetto, sia che facciamo passivamente, riformulando l'esperienza in termini di qualcosa che viene conosciuto, quando la mente resta stabile per periodi di tempo sempre più lunghi, la continuità della consapevolezza e dell' investigazione dà luogo da una seria di intuizioni profonde. Una di queste è chiamata 'purificazione del punto di vista' e consiste di fare l'esperienza di ogni attimo come il procedere congiunto della coscienza e del suo oggetto, senza l'idea che ci sia qualcuno nascosto dietro il processo. Capiamo che tutto ciò che chiamiamo 'sé' o 'io' non è altro che l'interazione di fenomeni fisici e mentali: il conoscere e il suo oggetto che sorgono e passano attimo per attimo.
Vedere che il conoscere e il suo oggetto procedono appaiati equivale alla prima profonda comprensione esperienziale di anatta, o all'impersonalità. Anche se questa visione non è ancora completa (in molte occasioni ci identifichiamo ancora con i pensieri. i sentimenti o la coscienza), si rappresenta un distacco radiale dal mondo ordinario di percepire il mondo e se stessi. Continuando di praticare, la percezione dell'impermanenza diventa più sottile e possiamo vedere il rapido sorgere e passare, non solo dell'oggetto ma anche della mente che conosce. A volte vediamo la coscienza stessa dissolversi continuamente. In quei momenti non c'è nulla a cui aggrapparsi, nessuna punto stabile; è come trovarsi su un pendio ripido, con la terra che ci frana sotto i piedi.
È una fase di grande insicurezza, perché vediamo in un modo molto profondo che non c'è nulla di sostanziale che possiamo definire 'io' o 'mio'. Può sembrare di aver perso completamente la capacità di meditare: né l'oggetto, né il conoscere durano abbastanza perché si possa seguirli con la consapevolezza e pensiamo di aver perso la presenza mentale. Quando l'aspetto della dissoluzione è così forte, la mente inizia a provare paura e perfino disgusto per l'instabilità dei fenomeni. A questo punto può essere molto utile un insegnante che ci ricordi di essere pazienti e continuare a praticare.
Se riusciamo perseverare in questa fase difficile, nuove prospettive si aprono sul processo della mente e della materialità e perveniamo a una maggiore equanimità, in cui c'è una più piena comprensione della natura della coscienza.
Ma questo stato sottile presenta le sue sfide. È importante restare consapevole della mente che conosce perché è facile identificarsi impercettibilmente con questa coscienza molto pura e raffinata.
È facile confondere gli stati mentali meravigliosi e sottili con la mente liberata. Finché c'è un'identificazione con qualcosa, la sensazione di un conoscitore, di un soggetto che conosce, si è legati alla mente convenzionale e condizionata.