
Risvegliarsi all'essere
> introduzione
I Cinque Potere Spirituali
> cosa sono
> fiducia
> energia
> mindfulness
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> saggezza
> sintesi
> Liberare la Pratica
Risvegliando . . .
> che cos'è
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Piccoli consigli
° Leggi lentamente. La prima volta leggi l'intero testo. Altre volte, leggi solo un paragrafo o poche frasi.
° Stampa e metti in un posto facilmente accessibile in modo da poterlo consultare durante il giorno per leggere piccole parti.
° Inizia un diario per annotarti domande, dubbi, esperienze, intuizioni, emozioni, ecc.
° Non è necessario meditare su questo testo. La riflessione o la contemplazione possono essere più utili al di fuori della meditazione formale. Lascia che la tua seduta favorisca una mente chiara, una mente tranquilla, silenziosa.
° Tutto sarà disponibile sul sito web di Appamada
Dopo ogni incontro, il link verrà pubblicato sulla chat di gruppo per una facile consultazione.
Risvegliarsi all'essere
Corrado pensa
Contributo di Rita Gallo
Parte 3
Comprensione della sofferenza (dukkha): il cammino spirituale comporta un confronto onesto con la sofferenza, riconoscendo come essa nasca dall’attaccamento, dall’avversione e dall’ignoranza.
La consapevolezza è il contrario dell’ignoranza: l’ignoranza oscura, la consapevolezza illumina.
Se contempliamo dukkha, se portiamo la consapevolezza sulla sofferenza, porteremo la consapevolezza su quel nodo fatto di attaccamento, avversione e ignoranza; questo nodo può essere definito anche di “non accettazione”.
Che cosa c’è quando non c’è accettazione di quello che sta accadendo? C’è sofferenza.
La contemplazione della “non accettazione” è indispensabile: la constatazione di quello che provoca la “non accettazione” è in grado di darci la spinta definitiva per la pratica dell’accettazione.
Abbiamo un laboratorio sempre con noi, sempre a portata di mano, per imparare molte cose sull’argomento “non accettazione di noi stessi”.
Lavorando sull’accettazione di noi stessi, lavoriamo anche sull’accettazione degli altri.
L’accettazione non è passività, inerzia, fatalismo; la vera accettazione porta con sé una benedizione.
E’ anche una questione di abitudine, di dipendenza. Siamo attaccati alle nostre abitudini: quando sorge l’attaccamento, noi alimentiamo l’attaccamento; quando sorge l’avversione, alimentiamo l’avversione. Lo abbiamo fatto con un addestramento costante, meticoloso e puntuale per lungo tempo.
Ecco che entra in gioco la “pratica”: quando si parla di “pratica” si parla anche di qualcosa che va “contro corrente”, contro le nostre abitudini, le nostre assuefazioni.
Il contrario dell’attaccamento è la generosità, generosità del nostro tempo, della nostra energia, generosità della pratica, con la disponibilità verso gli altri e verso noi stessi.